Le donne medico sono 144.693, oltre il 40 per cento dell’intera popolazione medica italiana. Secondo i dati Fnomceo 2013 sono quasi64.000 le donne medico con più di cinquant’anni e circa 83.000 quelle di sotto ai cinquant’anni. Pur in presenza di questo grande numero di donne nella professione poco sono cambiati i modelli organizzativi sanitari e la rappresentanza negli Ordini professionali.
I medici fanno riferimento ad Ordini provinciali e alla FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri), ente pubblico non economico ausiliario dello Stato.
La Federazione ha l’obiettivo di garantire ai cittadini il diritto alla cura e ai medici il diritto-dovere di curare, in uno SSN equo solidale e universale.
Per la complessità dei sistemi sanitari e per le attuali criticità della professione spesso l’identità di medico è prevalente su quella di genere. Non si può parlare delle donne medico come di un tutto unico indistinto, ma tante donne medico lavorano, con competenza, credendo che il progresso delle relazioni accompagni quello scientifico e tecnologico, in un mondo della salute sempre più intrecciato con la sfera degli atti quotidiani, dei servizi e dell’organizzazione familiare.
Alcuni argomenti, cari alle donne medico, come la medicina di genere e la prevenzione della violenza, sono stati assunti come temi portanti dalla FNOMCeO che, oltre un anno fa, ha lanciato un appello ai medici italiani, affinché diventassero parte attiva nel contrastare l’escalation della violenza sulle donne e ha realizzato specifica formazione per saper riconoscere sintomi ed esiti delle violenze ed interagire con istituzioni ed associazioni del territorio.
Oggi i giovani medici, uomini e donne, vivono un alto tasso di disoccupazione/sottoccupazione medica e di “precariato stabile”. Le donne medico, in aggiunta, hanno lungo tutto il percorso professionale, il doppio carico di lavoro e sono caratterizzate da bassa apicalità e bassa fecondità. Come in altre professioni vi sono colli di bottiglia nelle posizioni di vertice, ed esiste il fenomeno della “conduttura che perde.
In questo periodo di rinnovo degli ordini professionali ci si interroga sulla mancanza di un’adeguata rappresentanza nella professione medica/odontoiatrica.
Non vi sono donne nel Comitato Centrale e solo due donne presidenti su 106 ordini provinciali. Solo un quinto degli Ordini, ha una presenza femminile al di sopra o pari al 25%. Il mondo della professione medica, è vincolato ad una legge istitutiva del 1946 e da un regolamento del 1950. Senza riforma della legge istitutiva, che solo il Parlamento può realizzare, non è possibile modificare regolamenti o statuti per accogliere, come già avvenuto in altre professioni, concetti di “pari opportunità “ e “quote di genere”.
La Federazione da qualche anno ha nei suoi tavoli di lavoro una presenza femminile di nomina, certamente da incrementare.
Vi è anche un Osservatorio sulla professione femminile che chiede, inascoltata, ordini equilibrati nella composizione e nelle cariche, con presidenza e vice presidenza in alternanza di genere, limite ai mandati pur con strategie per impedire che esperienze di valore siano sprecate.
Le elezioni ordinistiche sono fondate su candidature individuali e su preferenze per ciascun candidato. Non esistono liste precostituite, perché tutti gli iscritti sono eleggibili come espresso da una sentenza della Cassazione. Ma se non si è inseriti in una cordata non si ha la forza per essere eletti. E in mancanza di liste non si possono applicare le leggi di tutela, presenti in Italia, per il genere meno rappresentato.
Il presidente della Federazione Amedeo Bianco ha scritto “più donne e più giovani nei consigli degli ordini anche se non ci sono regole né io posso dettarle.”
Non sembrano però esserci risposte confortanti, nell’ennesimo scollamento fra centro e periferia. E’ anche accaduto che nel privilegiare l’essere giovani si sia penalizzato il femminile, rimuovendo donne già state consigliere e inserendo e donne scelte dai presidenti o da organizzazioni sindacali.
Alcuni ritengono l’argomento poco rilevante, soprattutto rispetto al momento in cui si trova la nazione e la professione medica. Ma il cambiamento di genere potrebbe essere eclatante e risolutivo per eliminare stratificazioni di anni di presenza esclusivamente maschile.
Altre volte al termine della tornata elettorale si effettuavano conteggi quantitativo. Oggi la rete fra le donne medico è talmente radicata che quelle alle quali è stato chiesto un passo indietro hanno un nome e un volto.
di Annarita Frullini